domenica 21 settembre 2008

Viaggio nel tempo immobile


I grandi pensatori li si riconosce dalla capacità di dire cose che nessuno aveva mai pensato prima, dal coraggio di ribaltare l'intero modo di concepire anche le cose più comuni.
Henri Bergson fu tra questi: sua l'idea di separare nettamente l'ambito dei fenomeni esterni alla coscienza rispetto al mondo interno di ognuno di noi. E come fare?
A partire dal tempo: finalmente una distinzione netta, chiara, importante, tra lo scorrere degli eventi e dei fenomeni a noi esteriori e la nostra interiorità.
Prendiamo il mondo esterno ed i suoi accadimenti: in esso gli istanti vengono a giustapporsi gli uni agli altri nel modo più semplice ed intuitivo per noi: a t1 succede t2, e poi t3, e così via. Quasi come su una linea retta immaginaria, il tempo scorre in maniera lineare, ogni istante viene dopo il proprio antecedente, e pre-esiste a ciò che verrà dopo.

Meccanico. Semplice. Fenomenico. Tradizionale.

Ma è qui che Bergson si dimostra un genio: per noi non è così, per la nostra coscienza le cose vanno altrimenti. Il tempo, in noi, non scorre in quella maniera lì, e gli istanti stanno tra di loro in un rapporto del tutto diverso: ogni momento in qualche modo è connesso agli altri; certo ne è distinto, ma comunque e sempre correlato. Qui non si parla di linea retta, qui l'immagine è piuttosto quella dell'insieme, di una sorta di coacervo di più istanti temporali, di tutti gli istanti temporali fusi intimamente insieme gli uni agli altri.
Questa è la durata reale, un modo finalmente soggettivo di intendere e vivere il tempo: tutto è non solo più legato temporalmente secondo una banale successione, ma tutto è insieme, indistinguibile, quasi che ogni istante non possa esistere se non vi sono gli altri.

Un unico tutto, un impasto totale di tutto il vissuto.

Ed è questo che ci distingue dal resto, questo nostro poter vivere ed interpretare ciò che avviene in una maniera del tutto diversa: il mondo fenomenico è davanti a noi, ma il nostro modo di concepire l'avvenire temporale degli eventi è differente. E questo è uno stare al mondo radicalmente opposto rispetto a quello degli oggetti.
Alla base di ogni emozione sta tutto ciò: la capacità di unire e mescolare tutto il vissuto, di amalgamarlo ed impastarlo, di viverlo non come semplice fenomeno tra gli altri, che avviene e basta, ma come istante legato agli altri, magari portatore di un significato.
E, cosa non da poco, magari suscettibile di una connotazione qualitativa e non soltanto tristemente quantitativa: solo così il nostro tempo può acquisire un senso e non essere ridotto a semplice dato da misurare nel proprio scorrere.


Quando sono triste a volte ci penso, e capisco la profondità in cui consiste l'essere umano..

domenica 14 settembre 2008

Tu prova ad avere un mondo nel cuore, e non riuscire a esprimerlo a parole

In bilico, in bilico tra tristezza, disperazione, malinconia e felicità...estremità del carattere e dell'essere uomo...estremità a volte conviventi, a volte semplicemente incompatibili...ma è così che ci si sente a volte, è così oggi, ora, per me.

Svuotato


Ma da me stesso: incapacità cronica all'azione, questo sarebbe il verdetto medico, la diagnosi di un luminare della scienza..inettitudine a cogliere il momento, incapacità a trasmettere all'esterno l'interiorità della propria vita e dei propri sentimenti.
E' una brutta malattia non riuscire ad agire, non riuscire a dire tutto il mondo che si ha nel cuore...perché quando i rimpianti ti assalgono, sei solo con te stesso a maledirti per tutte le occasioni mancate.

Se qualcuno ha una cura mi faccia un fischio, perché io ho paura..