giovedì 18 dicembre 2008

Quello che non c'è



Il buon Manuel insegna sempre qualcosa...

Ho questa foto di pura gioia

E' di un bambino con la sua pistola
Che spara dritto davanti a se
A quello che non c'è
Ho perso il gusto, non ha sapore
Quest'alito di angelo che mi lecca il cuore
Ma credo di camminare dritto sull'acqua e
Su quello che non c'è
Arriva l'alba o forse no
A volte ciò che sembra alba
Non è
Ma so che so camminare dritto sull'acqua e
Su quello che non c'è
Rivuoi la scelta, rivuoi il controllo
Rivoglio le mie ali nere, il mio mantello
La chiave della felicità è la disobbedienza in se
A quello che non c'è
Perciò io maledico il modo in cui sono fatto
Il mio modo di morire sano e salvo dove m'attacco
Il mio modo vigliacco di restare sperando che ci sia
Quello che non c'è
Curo le foglie, saranno forti
Se riesco ad ignorare che gli alberi son morti
Ma questo è camminare alto sull'acqua e
Su quello che non c'è

Ed ecco arriva l'alba so che è qui per me

Meraviglioso come a volte ciò che sembra non è
Fottendosi da se, fottendomi da me
Per quello che non c'è

martedì 16 dicembre 2008

Altrove o dove?


Cercare il sole.

Le rive inabissate mi scagliano sul nulla. La fossa sottostante risucchia la corrente. Il pallido vicino non sente più la voce. La musica d'un tempo risuona più lontana. E tutto attorno è neve. E tutto attorno è freddo. Se un attimo val l'altro, che spieghi, per favore, perché è già tutto uguale, perché via via ritorna. Perché così non vale, non è come deciso:il bordo è più ingiallito, la superficie crespa.
Rischiumano le onde, fragore impallidito. Cercare il sole. Cercare il sole.


Cercare il sole.

lunedì 15 dicembre 2008

Versi Solari



Sto qui ad osservare
il fluido oscillare
di onde restanti
di quieti oblianti

Purissima attesa
fortissima resa
tremanti parole
a un pallido sole

Ma il primo inquietarsi
per un qui che può darsi
riporta al tremore
(ricordi, cantore?)

E quindi colpisci
dolore passato
Colpisci con forza, ribatti,
il cuore scotenna

Ch'io resti ancor qui,
d'umana passione inebriato
e d'altro sospiro ubriacato

domenica 14 dicembre 2008

And so it goes



In every heart there is a room
A sanctuary safe and strong
To heal the wounds from lovers past
Until a new one comes along

I spoke to you in cautious tones
You answered me with no pretense
And still I feel I said too much
My silence is my self defense

And every time I've held a rose
It seems I only felt the thorns
And so it goes, and so it goes
And so will you soon I suppose

But if my silence made you leave
Then that would be my worst mistake
So I will share this room with you
And you can have this heart to break

And this is why my eyes are closed
It's just as well for all I've seen
And so it goes, and so it goes
And you're the only one who knows

So I would choose to be with you
That's if the choice were mine to make
But you can make decisions too
And you can have this heart to break

And so it goes, and so it goes
And you're the only one who knows

giovedì 13 novembre 2008

Alla ricerca del cielo più azzurro



L'essenza dell'ottimismo non è soltanto guardare al di là della situazione presente, ma è una forza vitale, la forza di sperare quando gli altri si rassegnano, la forza di tenere alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, ma che lo rivendica a sè. (D. Bonhoeffer)

Bello. Vero.
Forse.
Anzi, vero.
Solo tremendamente difficile.
Sgrovigliare quell'intricata matassa che è l'esistenza umana.
Scioglierne i nodi.
Distenderli.
Guardarli per quello che sono. E continuare a seguire con le dita e gli occhi il dipanarsi del filo della vita per come si presenta: a volte lineare, a volte storto, a volte ingarbugliato.
Tenere la testa alta, nonostante sia pesante.
Reggersi sulle gambe, non farle cedere.

La felicità non è uno stato raggiunto, è un ideale a cui tendere, verso cui tendere incessantemente.
Se la pensassimo raggiunta una volta per tutte, cesseremmo di cercarla, negandoci la possibilità di viverla.

domenica 19 ottobre 2008

Alchimia di desideri


Che ne sarà ora? Di mille desideri, mescolati a speranze molto spesso malcelate nell'animo?
Che ne sarà di tutta la voglia di danzare tra le stelle, di tutti gli abbracci mai dati, di tutti quei gesti d'affetto che sono rimasti chiusi in qualche cassetto del cuore?
Che ne sarà di una possibile vita insieme che avrebbe potuto essere la rampa di lancio per nuovi e finalmente veri sorrisi, delle occhiate date di sfuggita, dell'arrossire all'improvviso per un gesto o una battuta?
Che cosa sarà del nostro voler provare a sorridere? Cosa avverrà all'idea di noi?
E che cosa ti dà quel tuo voler rimanere rinchiusa, quel tuo non coraggio delle azioni? E che cosa rimane di questo nostro quasi-sfiorarci reciproco troppo spesso rimandato? E delle parole mancate?
E che ti dà quel rinviare a mai più quello sguardo e quelle parole sincere che mai si sono date nelle nostre esistenze?

Pago forse la colpa di troppo silenzio e troppo aspettare e poco inseguire? Ma la voce si blocca di fronte alla tristezza di chi, per paura o chissà cosa, molto spesso ha celato un'insicurezza o un non voler agire dietro a un rossore di viso e a una tristezza profonda..

Quando ami qualcuno, amalo davvero, o non farlo per niente...

domenica 21 settembre 2008

Viaggio nel tempo immobile


I grandi pensatori li si riconosce dalla capacità di dire cose che nessuno aveva mai pensato prima, dal coraggio di ribaltare l'intero modo di concepire anche le cose più comuni.
Henri Bergson fu tra questi: sua l'idea di separare nettamente l'ambito dei fenomeni esterni alla coscienza rispetto al mondo interno di ognuno di noi. E come fare?
A partire dal tempo: finalmente una distinzione netta, chiara, importante, tra lo scorrere degli eventi e dei fenomeni a noi esteriori e la nostra interiorità.
Prendiamo il mondo esterno ed i suoi accadimenti: in esso gli istanti vengono a giustapporsi gli uni agli altri nel modo più semplice ed intuitivo per noi: a t1 succede t2, e poi t3, e così via. Quasi come su una linea retta immaginaria, il tempo scorre in maniera lineare, ogni istante viene dopo il proprio antecedente, e pre-esiste a ciò che verrà dopo.

Meccanico. Semplice. Fenomenico. Tradizionale.

Ma è qui che Bergson si dimostra un genio: per noi non è così, per la nostra coscienza le cose vanno altrimenti. Il tempo, in noi, non scorre in quella maniera lì, e gli istanti stanno tra di loro in un rapporto del tutto diverso: ogni momento in qualche modo è connesso agli altri; certo ne è distinto, ma comunque e sempre correlato. Qui non si parla di linea retta, qui l'immagine è piuttosto quella dell'insieme, di una sorta di coacervo di più istanti temporali, di tutti gli istanti temporali fusi intimamente insieme gli uni agli altri.
Questa è la durata reale, un modo finalmente soggettivo di intendere e vivere il tempo: tutto è non solo più legato temporalmente secondo una banale successione, ma tutto è insieme, indistinguibile, quasi che ogni istante non possa esistere se non vi sono gli altri.

Un unico tutto, un impasto totale di tutto il vissuto.

Ed è questo che ci distingue dal resto, questo nostro poter vivere ed interpretare ciò che avviene in una maniera del tutto diversa: il mondo fenomenico è davanti a noi, ma il nostro modo di concepire l'avvenire temporale degli eventi è differente. E questo è uno stare al mondo radicalmente opposto rispetto a quello degli oggetti.
Alla base di ogni emozione sta tutto ciò: la capacità di unire e mescolare tutto il vissuto, di amalgamarlo ed impastarlo, di viverlo non come semplice fenomeno tra gli altri, che avviene e basta, ma come istante legato agli altri, magari portatore di un significato.
E, cosa non da poco, magari suscettibile di una connotazione qualitativa e non soltanto tristemente quantitativa: solo così il nostro tempo può acquisire un senso e non essere ridotto a semplice dato da misurare nel proprio scorrere.


Quando sono triste a volte ci penso, e capisco la profondità in cui consiste l'essere umano..

domenica 14 settembre 2008

Tu prova ad avere un mondo nel cuore, e non riuscire a esprimerlo a parole

In bilico, in bilico tra tristezza, disperazione, malinconia e felicità...estremità del carattere e dell'essere uomo...estremità a volte conviventi, a volte semplicemente incompatibili...ma è così che ci si sente a volte, è così oggi, ora, per me.

Svuotato


Ma da me stesso: incapacità cronica all'azione, questo sarebbe il verdetto medico, la diagnosi di un luminare della scienza..inettitudine a cogliere il momento, incapacità a trasmettere all'esterno l'interiorità della propria vita e dei propri sentimenti.
E' una brutta malattia non riuscire ad agire, non riuscire a dire tutto il mondo che si ha nel cuore...perché quando i rimpianti ti assalgono, sei solo con te stesso a maledirti per tutte le occasioni mancate.

Se qualcuno ha una cura mi faccia un fischio, perché io ho paura..

lunedì 25 agosto 2008

One more mile


Ci siamo...le braccia tese a cercare di afferrare un incerto avvenire, le gambe pronte allo scatto finale, tutti i muscoli ed i nervi del corpo a tentare un improbabile ultimo miglio di strada da percorrere.


fragile

si
è questo l'aggettivo giusto
fragile. esposto agli urti del mondo, con il resto, con l'altro, con te.

One more week, solo più una settimana: ogni anno un biglietto di andata e ritorno per i monti ha scandito i ritmi del mio cuore, li ha dosati:...un incontro che per sempre ha segnato l'esistenza, marchiandola quasi a fuoco e lasciandone un segno indelebile.

Ed ancora una volta, da capo. ancora una volta sarà silenzio di presenze, ancora una volta saranno sguardi malcelati. Ancora per una volta: per una sola volta, poi sarà probabilmente un vuoto, un vuoto protratto chissà per quanto.

..ma lasciami solamente per un'ultima settimana scivolare nella tua esistenza, ed osservarti di lato mentre cerchi di stare al mondo..

...ogni giorno porterò il tuo ricordo come una fotografia da taschino,

e perdonami se ogni tanto la tirerò fuori per lustrarla e rimirarla:
mi servirà soltanto per sapere che cosa significa vivere.


martedì 19 agosto 2008

A. R.



Ho sempre invidiato la vena poetica di uno dei (per me) più grandi: Arthur Rimbaud, poeta per vocazione, scavezzacollo per professione, mai compreso sino in fondo per natura.

Forse per il suo stile a volte chiuso, a volte criptico, incomprensibile eppure così bello e diretto; forse per la sua vita romanzesca, piena di colpi di scena, cambiamenti, ripensamenti e disgrazie.
Una madre borghese, oppressiva.bigotta.fughe di casa che nemmeno si contano,ritorni.ribellione all'ordine costituito, a partire dalla scuola.
la vita sregolata di un bevitore d'assenzio. l'amore x il collega di versi Verlaine: disperato, struggente, alla fine impossibile. Gli addii, e poi la decisione di mollare tutto e tutti e fuggire in Africa e cambiare vita: e basta, basta poesia...

Forse sta tutto qui: non adattarsi ad un mondo sempre stupido sarebbe la soluzione, scappare da tutti, lontano, l'ideale..
..(danza! danza! danza!)..
Rimbaud ci ha provato: si è nauseato di quello che viveva, di una società borghese, chiusa, opprimente ed oppressa, con tanti, troppi tabù. E' fuggito, alla ricerca di una grande città, di stimoli:ha ricercato la purezza nella parola, nei versi, nella poesia prima e nella prosa poi. Ha trovato l'amore, ma era impossibile: era vero, forte, struggente, vivo, quello che prende ai nervi e al cuore e non ti lascia stare nemmeno la notte, quello che cambia la vita di colpo, e rende insipido e privo di significato ogni altro avvenimento che non contempli il nome dell'amata (amato nel caso di Rimbaud). Ma alla fine, anche l'amore è sfuggito, scappato, distrutto da troppi litigi e da un colpo di pistola alla gamba: e così il nostro non ha più trovato conforto nemmeno nella poesia. L'unica fonte di stimolo, l'unica cosa che dava la forza di cercare la bellezza intorno, l'amore, era svanito: tanto valeva fuggire via, lontano, lontano da quel mondo che lo aveva costretto alla ribellione, alla fuga, alla distruzione di un amore, e che ora lo costringeva ad un esilio.

Rimbaud smise di scrivere, diventò mercante, commerciante. anche d'armi: visse tra Africa, Medioriente e un pizzico d'Europa gli ultimi anni di vita, ma non prese più in mano una penna ed un foglio per dare vita a quel miracolo che si chiama poesia. "Ribaltare le parole, invertire il senso fino allo sputo cercando un'altra poesia" non era più il suo mestiere.

Forse il mondo aveva vinto, o forse Arthur si era stufato di combatterci contro; la poesia non faceva altro che continuare a perpetuare il ricordo di una vita sfibrante e di un amore disperato, e Rimbaud decise che, piuttosto che continuare a tormentarsi, sarebbe stato meglio dimenticare tutto e tutti, compreso sè stesso.


domenica 10 agosto 2008

Vorrei dirti che t'amo,
Ma non quando è facile,
Le braccia conserte,
guardando quel muro davanti.

Vorrei lo sapessi, non sono il migliore,
Ho un patto con gli anni,
mi tengo da sempre una mano sul petto,
dovesse mai smettere, ascolta, di battermi il cuore.

E' passato il 9 agosto...proprio stasera, mi ha lasciato qualche ricordo sotto lo zerbino di casa e se ne è andato così come era venuto, in silenzio...

=IO=


giovedì 7 agosto 2008

Angoli di cielo


Questa sera ho deciso di far parlare qualcun altro per me...



Qualcosa c'è

che ti fa paura
e rende incerto il tuo volo.
Sarà l'idea
che il tempo si consuma
e l'improvviso sei solo,
come un attore hai scelto il ruolo
di chi è sicuro di se,
ma sai benissimo che la tua arte
è nella parte fragile di te.

Cerca angoli di cielo
fantastiche visioni,
per dare nuova luce ai tuoi occhi
lasciando entrare tutte le emozioni
senza far finta che l'amore non ti tocchi.
Prendi tutti i suoni
dal frastuono di ogni giorno
cerca tra la gente le parole
segui la tua vita non lasciarla andare
ora è il momento

Perchè non c'è
nessuna differenza
se vinci o se perdi,
quello che conta
che ha più importanza
essere quello che sei.

Cerca angoli di cielo
fantastiche visioni,
per dare nuova luce ai tuoi occhi;
lasciando entrare tutte le emozioni
senza far finta che il dolore non ti tocchi.
Prendi tutti i suoni
dal frastuono di ogni giorno
cerca tra la gente le parole
ama la tua vita
non lasciarla andare
ora è il momento

Prendi tutti i suoni
dal frastuono di ogni giorno
cerca in ogni notte un po' di sole
ama la tua vita
non lasciarla andare
ora è il momento
non aspettare

A volte mi chiedo se la gente scriva canzoni appositamente per me, o forse siamo solo tutti così simili che non ce ne accorgiamo neanche..

martedì 5 agosto 2008

Fragile


Esperire la fragilità è umano, del tutto umano: quasi come se la nostra essenza ultima (se una ce n'è) consistesse proprio nell'essere esposti agli urti del mondo.


Urti che possono determinare il nostro condurci lungo le vie della vita, rendendolo stabile o inquieto, urti che possono destabilizzare d'un colpo le poche ma salde certezze alle quali si era ancorati: come vasi di coccio in mezzo a vasi di ferro sentiamo la nostra corazza esposta al rischio di indebolimento e di rottura: un lento ma costante lavoro di logorìo ci rende sempre meno stabili, sino a volte a determinare la spaccatura finale, l'ultimo atto di una commedia tragicomica in un unico tempo.

Non occorrono grandi eventi per logorarci: il quotidiano lavoro di sguardi ceduti, sorrisi mancati, occasioni sprecate è sufficiente a mettere in mostra la nostra fragilità: ed in fondo, se ha ragione chi dice che sono solo le piccole cose a rendere bella la vita, è altrettanto corretto osservare che proprio la mancanza di quei piccoli gesti viene a palesare il vuoto quotidiano. Gesti piccoli ma importanti: sorrisi, abbracci, sguardi sinceri, attimi trascorsi fianco a fianco, fiducia sentita, disponibilità all'altro...

E' vero anche, però, che la fragilità di un cristallo ne determina anche la qualità ed il valore: più un cristallo è raro e fragile, di migliore fattura sarà, e così anche noi: la sensibilità, l'essere smossi da disavventure esistenziali, fanno del nostro passaggio su questa terra qualcosa dotato di un qualche valore: solo il riuscire ad esperire queste piccole ferite quotidiane ci permette di comprenderne significato e valore.



Ti porto sempre qui, vicino al cuore, così vicino che quasi il mio cuore sparisce; dovesse mai, per caso, smettere di battermi, avrei qualcosa a cui aggrapparmi, un ricordo per non affogare...

domenica 3 agosto 2008

Nelle strade e nei giardini si rincorrono bambini condannati a non dormire


Sono notti afose, passeggiate tirate avanti sino a tardi,giravolte nel letto tra lenzuola bianche nel non riuscire a dormire...
...ed in questo insonne viaggio, a volte capita di alzare gli occhi al cielo: rivolgere le nostre speranze a ciò che ci circonda, senza sapere bene che cosa sia, sentirsi piccolo piccolo..
Sono lunghe queste notti estive, avrebbero potuto essere altro, immaginate differenti sotto molti punti di vista: ed invece quasi come ancorati al suolo, incapaci di innalzarsi alle stelle che rimiriamo, ci ritroviamo ancora una volta con in mano un copione già conosciuto e già recitato: quello dell'attesa, con una speranza ancora in mano, ma sempre più diversa, mutata.
Il caldo opprime sensi e sentimenti, il pensiero di una relativa solitudine immerge in un'afa di pensieri pesanti: e il desiderio dell'azione diventa ora ansia per il domani e timore di un'ennesima incapacità.
Solo l'idea di un ipotetico sguardo lascia ancora la speranza di un'allegria da cullare, e questa idea resta salda nella mente, resta salda nel cuore: ore di attesa sfibrante, ore di forza di volontà, ore di solitudine inappagante, ore di sogni mescolati, ore di sorrisi riportati alla memoria...

A quando?

sabato 2 agosto 2008

I hope


E a volte tutto si ferma, tanti piccoli istanti cristallizzati in un eterno presente che non vuole passare: come piccole vite in attesa di venire all'esistenza, le mani giunte, a pregare per qualcosa che avvenga, che possa avvenire...qualcosa che arrivi e spazzi via la quotidianità, la stasi, e con essa la routine ed il marciume che si insinua nel nostro essere sempre incagliati nel già detto e nel già vissuto...

...e così, sospesi tra il non ancora accaduto e l'avvenire, ci capita di sperare, di gettare la sguardo oltre l'io e il mio, oltre l'istante presente..

Is there anybody out there?

venerdì 18 aprile 2008

Lamento per l'Italia

E su cosa potrei interrompere il mio silenzio, se non su quello che sta capitando in Italia?
Svolta a destra, dicono...correggerei piuttosto con "demenza generale". I risultati delle elezioni sono davanti agli occhi di tutti: una maggioranza schiacciante degli italiani ha deciso di nuovo per la disonestà, per la criminalità organizzata, per l'evasione fiscale, per il razzismo.
E dove trovare, ora, la forza per credere ancora nel mio popolo, nella mia nazione? Come poter ancora avere fiducia nei miei concittadini?
Non c'è nemmeno da soffermarsi su quali potranno essere gli esiti dei prossimi anni di governo: leggi ad personam, favoritismi verso chi aggira le leggi, diminuzione della pressione fiscale con conseguente allargamento del debito pubblico, inasprimento della pressione militare su tutti i fronti, razzismo, intolleranza, regresso della cultura, demagogia televisiva, criminalità organizzata sugli scudi...
...e tutto questo scelto consapevolmente dagli italiani: non ci sono più scuse per il popolo dello stivale: una volta ti può fregare, alla seconda sbagli a ridargli la fiducia, ma se lo eleggi per la terza volta, vuol dire che approvi il suo operato, sei disonesto come tutta la sua ghenga...

Addio Italia...

sabato 9 febbraio 2008

Vivete di musica, ne vale la pena, sapete?

Rivendico da queste pagine il diritto di tutti di aprire la finestra e cantare a squarciagola la propria canzone preferita, il diritto di tutti di cantare, anche se si è stonati, come sono io: la musica è il centro propulsore delle nostre emozioni, della nostra vita, ogni nota è una vibrazione dell'anima, ogni vibrazione è un momento irripetibile, coglietele!!
Prendiamoci il diritto di cantare fortissimo, di provare emozioni!

Serjs

mercoledì 6 febbraio 2008

Come può il mio amore essere limpido se è la mia nazione che lo inquina?

E così nuove elezioni nel nostro paese ormai martoriato dagli interessi personali...mentre la paura x lo scomparire di una democrazia ormai solo più ipotetica si fa forte, mi viene in aiuto la riflessione di Popper: democrazia che cosa è? Forse governo del popolo? La sua essenza peculiare consiste nel fatto che in essa il popolo ha degli strumenti (non violenti eh!) per allontanare i governanti dalle loro poltrone, nel caso essi si dimostrino ingiusti o disonesti. Ecco qua il vero controllo dei controllori!!
Che poi questo in Italia avvenga è un altro discorso...penso sia venuto il tempo di impugnare questo potere, di rifarlo nostro: tempi bui nel caso che il lato oscuro della forza riprenda in mano le sorti del nostro paese, ma è giunto il momento di dire basta, e di dirlo in modo netto.
L'invito è ad aprire gli occhi, a liberare le coscienze e il pensiero...non è questione di idee politiche, è questione di amare l'onestà e la giustizia, e soprattutto di volerci un po' di bene, non importa a quale colore politico si appartenga...
Serjs
P. S. : post, questo, forse che si discosta dalle intenzioni del forum, però a volte è necessario...rimane sempre lo stesso invito cmq: "non fare di me un idolo, mi brucerò, ecc..."

venerdì 1 febbraio 2008

750'000 anni fa..l'amore?

Torno a scrivere dopo un lungo periodo...e lo faccio discorrendo di amore...ma alla mia maniera certamente...
Che cos'è l'amore? Mai domanda fu tanto abusata nel corso dell'umanità penso: forse è pura presunzione, ma anche molti filosofi se lo sono chiesto, e hanno cercato di dare risposte differenti. Colpiscono, e non possono non farlo, le posizioni di due pilastri del pensiero, quali Platone e Schopenhauer: l'intento è allora quello di esporre in linee generali cosa hanno affermato i due amiconi in materia di sentimenti, per cercare di capirne qualcosa di più...
Le due posizioni sono differenti e guardano all'amore sotto due luci diverse: Platone è certamente più ottimista e luminoso, rispetto al tenebroso e pessimista Arturino.
Ma iniziamo da Schopenhauer: il mondo è dolore, l'esistenza è una sorta di unico istinto e conato di sopravvivenza, tutte le manifestazioni della natura, dalle piante sino al più alto genio dell'umanità, altro non sono che l'esteriorizzazione e l'oggettivazione dell'unica Volontà che pervade l'universo, e che ne è in sostanza l'essenza profonda. Tutto allora tende a sopravvivere, e, nel fare questo, tenta di sopraffare l'altro che si para dinnanzi: il cosmo è dolore, la vita è completo dolore: se il mondo, e con esso ogni suo fenomeno come animali e uomini, è volere, allora esso è desiderare: e il desiderio comporta sempre un inappagamento, una necessità, una mancanza: ossia dolore per quello che manca.
Proprio qui si innesta il discorso sull'amore: l'illusione dell'amore, la falsità di tutti i sentimenti umani, la vanità dei discorsi amorosi. Schopenhauer afferma che tutti i sentimenti provati dagli individui altro non siano che una copertura rispetto alla vera essenza dell'amore, che è di natura istintuale e sessuale. Dietro a tutto c'è l'azione della specie umana, che ha come unico fine quello di perpetuarsi: la vera natura dell'amore è allora sessuale, e l'unico scopo è quello di riprodursi. Gli uomini non sono che burattini nella mani della specie, che li sospinge alla riproduzione, all'accoppiamento sessuale. Tutto quello che gli uomini immaginano dei loro sentimenti altro non è che falsità, tutti i sentimenti sono solo copertura dei più profondi desideri della specie di non interrompersi ma di continuare nel corso dei tempi.
A questo tipo di amore, definiamolo eros, Schopenhauer affianca la cosiddetta pietà: pietà potremmo dire verso gli altri uomini, un sentimento che scaturisce dalla constatazione del dolore provato da chi ci vive accanto: è questo un compatire che ci fa identificare con le sofferenze altrui.
Verrebbe da dire: ma allora?? Tutto qui? Siamo solo esseri che hanno l'unico scopo di accoppiarsi per riprodursi? Beh, in effetti Schopenhauer abbraccia questa tesi in alcuni punti...ma inquieto il mio animo è alla ricerca di altro: vorremmo davvero limitare l'amore a questo? O forse c'è dell'altro? Forse i nostri sentimenti hanno una qualche base meno istintuale e più umana...
Non possiamo non riferirci a Platone per questo: in particolare al Platone del Convito e del Fedro: amore allora come forza insieme soggettiva e cosmica, motore delle vite umane e del movimento dell'universo, amore alla base del cosmo, del tutto. Ma amore solo come forza fisica? No, no di certo: Platone soddisfa il nostro bisogno di non essere solo "macchine da figli". Lontani da Arturino seguiamo Platone...Pausania, uno dei protagonisti del dialogo "Convito", distingue tra due tipi di eros: eros volgare, volto all'amore per i corpi, e eros celeste, che si rivolge alle anime. Ma la riflessione più importante è quella di Aristofane, che interviene con il cosiddetto mito degli androgini: secondo tale mito, gli uomini un tempo erano esseri composti da entrambi i sessi, quello maschile e quello femminile. Nessuna distinzione, nessuna differenza, nessuna bisogno di altro: ognuno bastava a sè stesso ed era felice. Ma gli dei, per punizione, divisero gli uomini in due, e da allora in poi ogni individuo vaga, scisso, alla ricerca della propria metà, alla ricerca della parte che possa completarlo...da qui l'istanza di movimento, di ricerca...
Caratteristica peculiare allora dell'amore è il bisogno, bisogno di qualcosa che manca: l'innamorato si sente mancante, mancante di qualcosa, di una parte di sè, e si muove alla ricerca di questo. Amore, Eros è figlio di Povertà e di Acquisto: sente la mancanza di un qualcosa e si lancia allora alla ricerca di esso.
E allora? L'amore? Istinto sessuale o mancanza di altro, della metà? Personalmente, credo a Platone...
...queste sono le parole di una splendida canzone del Banco del Mutuo Soccorso, che tra le altre cose ha ispirato il titolo di questo mio post...


Già l'acqua inghiotte il sole
ti danza il seno mentre corri a valle
con il tuo branco ai pozzi
le labbra secche vieni a dissetare
Corpo steso dai larghi fianchi
nell'ombra sto, sto qui a vederti
possederti, si possederti... possederti...

Ed io tengo il respiro
se mi vedessi fuggiresti via
e pianto l'unghie in terra
l'argilla rossa mi nasconde il viso
ma vorrei per un momento stringerti a me
qui sul mio petto
ma non posso fuggiresti fuggiresti via da me
io non posso possederti possederti
io non posso fuggiresti
possederti io non posso...
Anche per una volta sola.

Se fossi mia davvero
di gocce d'acqua vestirei il tuo seno
poi sotto i piedi tuoi
veli di vento e foglie stenderei
Corpo chiaro dai larghi fianchi
ti porterei nei verdi campi e danzerei
sotto la luna danzerei con te.

Lo so la mente vuole
ma il labbro inerte non sa dire niente
si è fatto scuro il cielo
già ti allontani resta ancora a bere
mia davvero ah fosse vero
ma chi son io uno scimmione
senza ragione senza ragione senza ragione
uno scimmione fuggiresti fuggiresti
uno scimmione uno scimmione senza ragione
tu fuggiresti, tu fuggiresti...