domenica 22 agosto 2010

Che diritti ho su di te?


Scappo via, hai detto un giorno.

Sai, quasi che ci hai preso: se era farti inseguire che volevi, quasi non ci sei riuscita.
Perché vai troppo veloce.
Se era farmi smettere di scrivere bene qui sopra, ecco, quello lo hai realizzato alla perfezione. Perchè questo, e quello che seguirà, sarà solo carta straccia, rifiuto da gettare nello scarto letterario della mia breve, seppur inutile, carriera.

E poi sai, sto in piedi per miracolo, mi reggo, cammino, mi appoggio. Mi guardo ogni tanto le mani, per vedere se sono ancora le mie; e non guardo più chi c'è al mio specchio, ho paura di riconoscermi. Sbatto distratto contro la gente che mi cammina a fianco: torno solo a casa, la sera, distratto e felice di non essere stato riconosciuto.

Che importa ormai della mia poesia, di istanti e vibrazioni gettati su litri e litri di inchiostro, del mio inutile e inutile scrivere dei versi senza voglia.
Raccogliessi i miei stracci, camminassi per altre strade, via da me stesso e dal male che sono, uccidessi in me la poesia, forse nemmeno me ne accorgerei.

Tu no di certo: saresti lontana, attenta a mille altri sguardi, immersa in mille altri mondi, ed ognuno di essi sarebbe migliore e più vero del mio povero orizzonte.

S.