lunedì 3 agosto 2009

Ad ogni partenza un ritorno (I)


Parte Prima-La Città

"...e tutti gli sguardi incrociati in mezzo a culture lontane, e tutti i passi affrettati per sciogliere il sole. E via da questa afa.."

Luglio era lì. Aspettava solo di essere vissuto. Il ragazzo guardava l'ora, in attesa che la sveglia suonasse e riempisse la stanza di rumore. Finalmente arrivò il tempo. E fu poco a portarlo all'aeroporto: l'automobile sgommò veloce lungo il parcheggio e lo lasciò lì, con le sue valigie.
Tutto il mondo stava in lui, da quell'ultimo sorriso sino a quel dolore che non se ne voleva andare per nulla al mondo. Le parole risuonavano ancora nel vuoto "Con i poteri da me conferitemi la nomino...". Dottore. Dottore. Del nulla, si era detto; aveva pensato a quanto avesse raschiato a fondo nel proprio animo per giungere a quel traguardo. Ed ora, ora che tutto quello per cui aveva vissuto male i propri anni era stato raggiunto, ora, nemmeno ora, riusciva a capire quello che aveva davanti: pensò però che nonostante tutto almeno quello lo teneva legato stretto alla vita, lasciandogli qualcosa che lo rendesse felice e pieno. Ma il resto. Era il resto a distrarlo. Le voci, gli sguardi, i pensieri, tutto si inseguiva: i dubbi, la paura di sè stesso, la mancanza di una missione, di un obiettivo.

"I passeggeri del volo...sono pregati di accomodarsi al Gate C.."

La voce lo riportò alla realtà: era lì, pronto con una valigia, per cercare di dimenticare quello che lui stesso era; otto persone, forse ognuna con uno scopo differente e aspettative diverse per quello che avrebbe rappresentato La Città. C'era chi voleva perdersi in chi amava, chi andava cercando il proprio posto nel mondo, chi voleva scappare ed un telefono lo riportava alla realtà, e poi c'era lui..Scivolò via coi bagagli, salì veloce sull'aereo e si sedette nel primo posto che trovò libero.La forza del decollo lo premette talmente contro il sedile che rischiò più volte di urlare. Ma in fondo capiva che quello sarebbe stato solo il primo passo verso La Città.
Ci volle poco per arrivare, qualche scala mobile, due linee di metropolitana, e poi all'improvviso apparve Lei, Solare, Luminosa, Secca: La Città. Era così arrivato, giunto dove secoli di vita non lo avevano mai portato. Non si sentì soffocare. Non si sentì nemmeno però a casa. Ma c'era qualcosa (c'è sempre qualcosa), e quel qualcosa lo portava a camminare, ad alzare finalmente lo sguardo verso i palazzi enormemente alti e quel cielo così secco e così azzurro. Il viaggio iniziava, la partenza lo aveva coinvolto in quello che fino ad allora lui stesso aveva lasciato in disparte: la vita. E non c'era nulla fuori posto: le ruote della valigia finalmente viaggiavano regolari, gli occhi rimanevano aperti, il petto batteva forte di vita.

Di nuovo, la partenza lo aveva rischiarato: improvvisamente il ragazzo si chiese cosa gli avrebbe rivelato quella settimana. E concluse che più che chiederselo sarebbe stato meglio aspettarlo e viverlo. E così fece: ribaltandosi dal pensiero alla sensazione, si fece immergere dalla Città nel brulicare della vita. Decise che sarebbe stata la Città a decidere per lui, a decidere il Lui che sarebbe venuto e che avrebbe vissuto. Di certo non si illudeva di capire e cambiare tutto, o di ritornare poi immediatamente cambiato. Ma una via, una traccia, l'avrebbe cercata. E poi, piano piano, magari seguita.
Levò lo sguardo al cielo, nuovamente. E si mise a camminare: La Città lo aspettava, e i compagni di viaggio erano avanti con le borse e gli zaini. Non aspettò un attimo in più, impugnò la propria valigia e si mise in cammino lungo la gran via che portava dritto verso il centro della settimana che sarebbe stata.

Fine prima parte


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