domenica 4 aprile 2010

Ad ogni partenza un ritorno (IV)



Gli spietati salgono
sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi
falliti antichi eroi,
noi due che al binario salutiamo…

(Baustelle- Gli spietati)


Come abbiamo potuto non sapere, per così tanto tempo, nulla di ciò che era, e tuttavia sederci alla tavola di ogni cosa e persona incontrata sul cammino?

(A. Baricco, Emmaus)



Che stupido ragazzo, pensò. Già, ragazzo: tanto tempo prima, si faceva chiamare così. Ma era una vita fa: non proprio mesi, nemmeno un anno. Ma dentro, sì. Galassie, universi, reami di tempi e di fatti si erano affastellati nella sua testa, sino quasi a scoppiare senza lasciare tregua. Era stato "il" ragazzo: lui, perso dentro la Città, al caldo, al riparo dal male del mondo, rifugiato negli occhi di chi, nei gesti a metà che parevano pur simili a qualcosa di altro. Aveva sentito tutto ciò su di sè, dentro sè: per sè. Si era impossessato della vita, e, in pieno furor, l'aveva trascinata con sè a ballare sulle stelle.
Ma era bastato poco per capire che nulla, nulla, era mai stato come lui aveva pensato:

"Quegli occhi non c'erano, non eran per lui, le mani tese a cercare altri intrecci, le parole lanciate, ma non per raccoglier sussurri e promesse. Diverso: si era seduto all'incrocio di vite, aveva atteso speranze tradite, erano state illusioni proibite. Ma era stato albeggiare impaurito, solamente una stupida aurora ingiallita."

Era caduto, piombato: si trovava ormai solo, con il sé come unico amico. E non eran più cieli azzurri: li vedeva lontani, ormai muoversi senza un motivo, verso porti più cari e sicuri all'altrui sentimento.

[...]

Pochi passi, lenti: una direzione precisa, in quel girovagare, non era possibile trovarla. Scontrava volti, braccia, gambe, palazzi ed alte costruzioni che salivano su, dritte fino al cielo. Per tanto tempo aveva lasciato quelle cose sullo sfondo, considerandole alla stregua di semplice contorno del vivere: solo allora, in quel momento, iniziava ad osservarle con occhio più lucido ed attento. E, proprio allora, esse iniziarono ad apparire sotto una luce diversa: esistevano, palpitavano, partecipavano di quel mondo che, fino a pochi attimi prima, non sembrava nemmeno rientrare nei suoi pensieri.
Si fermò, lungo la via che attraversava il centro: mesi prima sarebbe stata solo una semplice via, simile, anzi uguale, a tutte le altre vie già incontrate in chissà quanti paesi, stranieri e non. Ma ora non più: il mondo, sì, doveva per forza essere il mondo quello che assaporava sulla propria pelle. Non ci aveva mai fatto caso: eppure, era sempre stato lì, lo aveva attorniato, sfiorato, cullato. Da sempre.
E lui aveva corso, ansimato, pensato, parlato, riso, gioito, pianto, disperato. Senza mai sapere di esser stato, da sempre, al centro di quel Tutto.

[...]

C'è un amore che mi lacera la carne, ed ancora tu lo sai.(*)


(*) Baustelle, Gli spietati


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